"Tu sei pazza."
"Non è vero."
"Sai perfettamente che è così, anche se non lo vuoi ammettere."
"Il solo fatto di pormi il dubbio lo smentisce. Se fossi pazza non mi porrei il problema. Lo sarei e basta."
"Il solo fatto che stai litigando con te stessa lo conferma. Se non fossi pazza non parleresti da sola."
"Intanto non stiamo parlando, ma pensando, e c'è un grandissimo cazzo di differenza! E poi sei tu che continui a rompere le palle. Lasciami in pace. Lasciami vivere come mi pare, sparisci, e non avremo più nulla di cui discutere."
"Ogni volta che sai di avere torto diventi volgare, ma non è che in questo modo passi dalla parte della ragione".
"Forse. Però mi fa sentire molto meglio."
E' ormai sera, ho dormito l'intera giornata per riprendere le energie dopo la serata trascorsa nel solito club dove vado quando ho voglia di bere, divertirmi ed essere trattata da regina dai miei amici, senza complicazioni d'altro tipo.
Il cielo è coperto da una pesante cappa di nubi, ed il sole, basso all'orizzonte, ha donato loro una tinta scarlatta così accesa che sembra finta.
Come un neonato lascia il grembo materno urlando per abbandonarsi alla luce d'una nuova esistenza, così io sbatto il cancello alle mie spalle, per immergermi, ancora una volta vergine di me stessa, in una nuova notte.
"Dove hai intenzione di andare?"
"Alla macchina."
"Quello lo avevo capito, e dopo?"
"Non lo so. Via. Lontano. Potrei inseguire il tramonto."
"E' inutile che scappi, tanto non esiste nessun posto dove tu possa andare. Non esiste nessun luogo dove tu non sia."
...
Il locale è affollatissimo, e c'è un'atmosfera festaiola, neanche fosse capo d'anno.
Se un ignaro avventore scendesse le scale che conducono all'atrio, potrebbe notare un'insolita carenza di popolazione femminile, ed un'insolita intimità fra persone del medesimo sesso; nella saletta laterale, con tanti piccoli separè da cui si sentono provenire conversazioni dai toni difficilmente equivocabili, regna un buio quasi irreale, rotto da una luce soffusa così fioca da permettere a malapena di non sedere in un posto già occupato.
Sono in compagnia dei miei amici, quattro coppie che hanno fatto di me la loro "bambina", perennemente coccolata e viziata come solamente le coppie omosessuali sanno fare.
Ed io, da brava "puttana", adoro farmi viziare da loro.
Come sempre il nostro gruppo è appostato ai divanetti all'ingresso della pista, proprio in vicinanza del bar, posizione strategica da cui si può controllare l'intera sala.
Siamo clienti abituali e quello è il "nostro" tavolo, che ci pone perennemente al centro dell'attenzione, ed io mi trovo a mio agio in quel ruolo: il vestito da regina mi calza alla perfezione e la montagna d'affetto incondizionato che mi riversano addosso i miei amici ha il potere di farmi sentire davvero bene.
Man mano che la serata trascorre, fra un bacio schioccato sulla guancia, una carezza, un abbraccio o un complimento assolutamente immeritato ed eccessivo, la musica si fa più dura, più cattiva, ed è il momento che aspetto, perchè non mi piace la brodaglia commerciale.
Mi sono già concessa tre tequila, la bevanda del peccato, e mi sento piacevolmente leggera, non ancora ubriaca, ma lieve, come se realmente io non fossi altro che nebbia.
Il ritmo della musica, sempre più underground, mi rapisce, ed io lascio che il mio corpo lo segua, quando mi accorgo che non sono più sola, in mezzo alla pista, ma un ragazzo si è avvicinato, uno sconosciuto sta ballando con me.
E' in quel momento che inizia un'altra danza.
I nostri corpi si sfiorano, sempre più vicini, la sua coscia fra le mie, il suo sesso contro il mio fianco. Non stiamo più semplicemente ballando: trascinati dalla musica ed incitati dalle grida dei molti che hanno smesso di ballare per guardarci, ci ritroviamo contro la parete accanto al bar a simulare un rapporto.
L'atmosfera di quel locale, maledetta e seducente, la tequila, la mia bevanda del peccato, l'essere al centro di ogni sguardo, lui che mi desidera, tutto questo crea una miscela incontrollata di sensazioni ed emozioni, e ben presto mi abbandono al gioco.
Le sue mani afferrano i miei seni, li stringono, ne valutano la consistenza, poi scendono a slacciarmi i pantaloni, si infilano all'interno, mi aprono e invadono senza pietà, facendomi tremare ad ogni suo tocco, spingendo, allargando, violandomi, alternando delicatezza a forza, ed io ricambio le sue carezze stringendolo nel pugno, seguendo il tempo dettato da lui, fino a sentire il suo sperma che mi bagna la mano.
Fino a sentire la mia vagina serrarsi dolorosamente attorno alle sue dita.
Porta alle mie labbra la mano ed io, senza pudore alcuno, lecco le dita con cui mi ha fatta godere per poi alzare la mia, ed assaporare il suo seme, leccando lentamente, lasciva, guardando prima lui, poi il pubblico che non si è perso un istante del nostro amplesso, sorridendo maliziosamente ai ragazzi, qualcuno dei quali applaude pure.
Bruciata la passione lui si scosta da me e si allontana, sparendo nella folla, mentre io torno a sedere fra i miei amici, che sono felici ed eccitati come se avessero appena visto partorire l'amore stesso.
E' per questo che adoro i miei amici omosessuali. A differenza di me loro sono perdutamente, inguaribilmente, perversamente romantici.
...
Sono sullo stradone che taglia a metà l'Appennino, l'ho scelto perchè consente una discreta velocità, ma non è monotono come l'autostrada. Le molte curve costringono all'attenzione, al continuo cambio di marcia, rende il viaggio divertente, e se ti spingi al limite, anche pericoloso.
("Guidi bene, proprio come un uomo" Mi disse un giorno un tizio, pensando di farmi un complimento. "Ti sbagli, io guido meglio di un uomo." Gli risposi.
Qualsiasi cosa sappia fare un uomo, io la posso fare meglio. E se non la faccio meglio è solo perchè non mi va di applicarmi. Tienilo sempre a mente, amico mio.)
Sto inseguendo il tramonto.
Il motore mi urla che ho già tirato la seconda a sufficienza mentre dallo stereo i Crass mi urlano che il Punk è morto.
E dentro la mia testa quella solita vocina rompipalle sussurra, lei. Lei sussurra. Mentre io vorrei urlare, ma se lo facessi allora si che sarei pazza davvero.
"Ammesso e non concesso che tu non sia pazza, allora non puoi negare che sei una puttana. Ieri sera quella bella scenetta davanti a tutta la sala potevi risparmiartela."
"Si, sono una puttana, e allora? Adesso che ti ho dato ragione me la fai la cortesia di metterti la museruola e startene zitta?"
"Comodo, eh? Ti piacerebbe che ti lasciassi credere a questa bella favoletta. Balle. Sono sempre le solite balle che ti racconti. In realtà tu sei matta da legare, ti umili ogni notte, per poterti fare del male ogni giorno."
"Ti sbagli. Mi diverto ogni notte, poi di giorno arrivi tu a fracassare i coglioni. Sta un po' zitta e lasciami godere la guida."
Lo vedi, amico mio, quant'è profondo l'abisso, e quant'è orribile il mostro che ci vive dentro?
Quanto sono mostruosa?
Che ne pensi, amico mio, la sto mantenendo, la mia promessa?
Ti sto mostrando la mia insania?
Mi sto mostrando nuda per te, come avevo annunciato quando iniziai a raccontarti di me?
Ma ancor più importante, starò mostrandoti la verità, oppure tutto ciò non è altro che frutto della mia fantasia malata?
"Ti piacerebbe che io mi zittissi, ed invece continuerò a parlare, perchè anche le persone orribili come te hanno una coscienza."
Ma a che cazzo di velocità devo andare, per correre più veloce dei miei pensieri?