21/04/13

Limiti ed eccessi

Ancora una volta la notte è scesa, ed il buio domina questo mondo che io ho creato solo per te, amico mio. 

Io sono qua, davanti alla finestra, parzialmente nascosta da questa tenda pesante, che ho volutamente lasciato socchiusa così che tu, seduto sulla poltrona che ho preparato per te, possa osservarmi, comodamente. 

Senti la nebbia salire da terra, scivolare lungo le tue gambe, salire oltre i tuoi lombi e proseguire sulla pelle della tua schiena fino alla tua nuca, impigliandosi nei tuoi capelli, bagnandoli con l'umidore freddo che ti ricorda che sei ancora vivo, almeno quanto basta per provare paura, per desiderare, per affondare ancora un poco nella mia malattia, nella mia perversione, che sto snudando solo per te, amico mio, solamente per te. 

Sento il tuo sguardo, morboso, scorrere sulla mia mente, e sento che non ne hai abbastanza.

Desideri. Desideri fortemente vedere fino a dove possa arrivare, ma non sarai soddisfatto, non oggi quanto meno, perchè non vi è fine alla mia dannazione, e non vi è limite. 

Io non conosco limiti, anzi meglio sarebbe dire che io conosco benissimo i miei limiti, mi serve conoscerli per potermi spingere oltre, ogni volta più avanti, più in fondo, scavando sempre più in quel baratro oscuro e maledetto che non è altro che la mia mente, la mia perversione. 

"Conosci i tuoi limiti, per rispettarli. Solo così andrai sul sicuro e non correrai mai rischi." Dice la solita vocina, quella saggia, che io mi rifiuto sempre di ascoltare. 

"Conosci i tuoi limiti, per oltrepassarli. Solo così potrai sentirti vivo." Dico io, in risposta. 

Sono folle, te l'ho già detto. Ma la mia è una follia lucida, consapevole. E sono alla ricerca di qualcuno con cui condividerla.

Ero alla ricerca. 

Ora ci sei tu, che mi osservi da fuori della finestra, mi spii. E saperti là mi reca un piacere sottile, puramente mentale, che non conosce limiti, così come anch'io non ho limite alcuno. 

...

Non esistono mezze misure e non esistono sfumature, per me. 

Solo il bianco, la luce, ed il nero, il buio. 

Sono una creatura della notte, delle tenebre. Figlia del peccato e della lussuria. 

Amo le emozioni, ogni emozione. Purchè siano estreme ed eccessive, purchè sappiano farmi tremare. 

Siano esse positive o meno, non ha importanza. 

Mi servono per sentirmi viva. 

Ed il tuo sguardo impietoso, che scorre sui miei pensieri, mi fa sentire viva come poche cose al mondo. 

Se non ci fossi tu, io non esisterei. 

Se non ci fossi io, tu non esisteresti. 

Il nostro è un rapporto malato, ma proprio per questo unico, profondo, speciale. 

Mi sto dando a te in modo completo, assoluto, senza pudori e senza vergogne, e tu accogli il mio dono con cupidigia e bramosia, come un assetato accetta anche l'ultima goccia d'acqua sabbiosa contenuta in un otre ormai secco. 

...

Una notte invernale. 

La nebbia rende impossibile distinguere i palazzi antichi del ghetto ebraico, zona che amo in modo particolare e dove spesso, la notte, mi attardo a passeggiare, da sola. 

Incosciente, incurante dei pericoli. O più probabilmente alla ricerca di un'emozione estrema, eccessiva. 

"Prima o poi qualcuno ti infilerà un coltello nella schiena." Sempre lei, che continua a cercare di portarmi sulla retta via, con ben scarsi risultati. 

La luce bianca dei lampioni trasforma l'aria in latte, e tutto sembra così distante, così vago, così fiabesco; ma non le favole dal lieto fine che si raccontano oggi ai bambini, bensì quelle spaventose che venivano partorite da antiche menti perverse, atte a spaventare, terrorizzare, incupire. 

Passi alle mie spalle. 

Quando io mi fermo, loro si fermano, quando io cammino, loro riprendono. 

Si avvicinano. Sempre di più. Ormai non sono che a pochi metri da me. 

Paura. 

Le tempie pulsano con violenza, sento che le gambe si trasformano in gelatina, fatico quasi a camminare. 

Poi un braccio attorno alla gola, ed una voce all'orecchio. 

"Dammi tutto quel che hai o ti ammazzo." 

In lontananza una macchina sgomma, il tizio si distrae solo un istante, ma è quanto mi basta per scivolare nella sua stretta fino a girarmi e guardarlo in viso. 

E' sicuramente un tossico in astinenza, trema più lui di me. 

Se qualcuno ci potesse vedere, probabilmente sembreremmo solo una coppia di amanti, abbracciati strettamente, nell'istante prima di un lascivo bacio.

Occhi negli occhi, come un serpente che fissa la sua preda. Ed ora che siamo di fronte, non è più chiaro chi sia la preda e chi il predatore. 

E' un attimo poi tutto accade. 

Il mio ginocchio destro impatta contro i suoi testicoli. Con tutta la forza che ho.

Si accascia ai miei piedi, in posizione fetale. 

Lo osservo, dall'alto, e lui dal basso mi guarda, bestemmiando parole sconnesse. 

Io ho paura, ma lui ne ha più di me. 

Impietosa gli sferro un calcio nel fianco, accompagnandomi con un grido. 

Rabbia cieca.

"L'unica cosa che ho è la mia vita, stronzo, e non vale poi molto. Dovevi ammazzarmi subito, ma non sei stato abbastanza furbo da cogliere l'attimo." 

La mia voce, quella che l'uomo del telefono definisce da sirena, in questo istante è un ringhio rabbioso. 

Io sono diventata un animale rabbioso. 

Gli sferro un altro calcio, questa volta cerco di colpirlo nuovamente al basso ventre, già precedentemente offeso dalla ginocchiata, mentre il disgraziato si protegge alla meglio con le mani. 

"Sei solo una gran puttana." Ansima il tossico.

La rabbia svanisce e la quiete di questa notte nebbiosa torna ad impossessarsi di me. 

Semplicemente gli do le spalle e me ne vado. 

Non corro. Lascio che i vicoli e la nebbia mi inghiottano. 

E come ultimo dono gli regalo una risata.

Di scherno. 

Crudele. 



Io sono viva!





Gli uomini passano per essere crudeli, le donne invece lo sono. 
Le donne sembrano sentimentali, gli uomini invece lo sono. 
Friedrich Nietzsche


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