20/05/13

L'uomo del telefono #7.0

"Ho prenotato un bungalow presso il Residence Città di Bologna a mio nome, bimba, così nessuno ti chiederà niente." 

Non c'è che dire, Voce Profonda è un vero gentiluomo di altri tempi: si preoccupa dell'onore della sua cagna al punto di evitarle la vergogna di doversi presentare alla reception munita di documento di identità, che rivelerebbe all'impiegato che non è la legittima compagna di quell'uomo. 

Mi fa ridere, una simile premura, ma accetto il pensiero, così come accetto la rosa, petali gialli che sfumano ai bordi di rosa, chissà se è voluta la scelta del colore, che mi porge con un'eccessiva riverenza. 

"Sono commossa da una tale dimostrazione di sensibilità, da parte tua, Voce Profonda, ma se non ricordo male si era parlato di una cena, non di un'intera notte. Ma forse la mia memoria non funziona più molto bene." 

Il sarcasmo, come sempre, è la mia armatura migliore, e l'indosso costantemente, specialmente con lui, che ha la capacità di farmi sentire nuda in qualsiasi circostanza. 

E' quasi il tramonto, l'ora dell'aperitivo, e ci siamo appena incontrati in un parcheggio comodo da trovare per chi non è pratico della mia città. 

"E' ancora presto, per la cena, ho ordinato il servizio in camera per le 21,30.  Portami a vedere qualcosa, che Bologna non la conosco quasi. Scegli tu dove andare, è l'unica cosa che lascio alla tua discrezione, per questa notte, bimba, quindi giocatela bene." 

Il solito figlio di puttana. Arrogante e sicuro di sé. 

"Seguimi." 

E con quest'unica parola salgo sulla mia auto e parto. Una strada collinare, stretta, difficile, che conosco molto bene e che affronto con una guida sportiva, per metterlo alla prova. Mi rendo conto che lo perdo ad ogni curva, ma la potenza della sua auto, superiore alla mia, gli fa ritrovare il terreno perso fra un tornante e l'altro senza difficoltà. 

...

Ci sei, amico mio? 

Prima di proseguire nel racconto è necessario che ti faccia una premessa, fondamentale, se non conosci Bologna. 

La mia città si svolge a metà fra la pianura e le colline, e se sai dove andare ci sono punti in cui la puoi ammirare stendersi lasciva ai tuoi piedi. 

In particolare c'è un posto, il Santuario della Madonna di San Luca. Se sei passato in autostrada lo hai visto per forza. E' una gemma posta lassù, a vegliare la città, di notte splende come una stella di rara bellezza, e da qualsiasi parte tu stia arrivando, sia da Firenze, da Milano, da Padova o da Rimini, lo vedi svariati chilometri prima di arrivare all'uscita per Bologna. 

Per me, che ho viaggiato molto in autostrada, è sinonimo di casa. Quando lo vedo so che il viaggio è finito, e mi assale una stretta allo stomaco, nostalgia per il viaggio ormai terminato, e gioia per il ritorno a ciò che mi appartiene in modo assoluto ed intimo, la mia città. 

C'è anche un'altra cosa, che devi sapere, di quel Santuario. Voce di popolo vuole che le coppie non debbano mai recarsi a vedere il panorama da lassù prima del matrimonio, pena la rottura della relazione. 

Da quando ho avuto autonomia negli spostamenti ho sempre fatto in modo di recarmici almeno una volta con ognuno dei miei ragazzi, non sono superstiziosa e non credo a queste cose, ma il panorama che si gode da lassù è veramente stupendo e poi non si sa mai, non costa nulla ed è una possibile assicurazione sulla vita, andarci. 

...

Fermiamo le auto affiancate, proprio sul fondo dell'enorme parcheggio poco oltre il santuario, così da avere un po' di privacy. Se dovesse arrivare qualcuno, abbiamo tutto il tempo che ci serve per accorgerne. Non è ancora completamente buio, e sotto di noi le luci della città s'accendono una a una, e sembra che Bologna ci stia strizzando l'occhio. 

Non faccio a tempo a scendere dall'auto e chiuderla che me lo trovo addosso e dopo pochi attimi la gonna è arrotolata in vita, e gli slip sono ai miei piedi. 

Mi stringe i seni, con forza, mentre preme contro il mio ventre, facendomi sentire un'erezione che, grottescamente, mi fa venire alla mente la scena di un vecchio film e mi strappa una risata ("ma è una pistola, quella che hai in tasca, o sei solo felice di vedermi?") che non sembra apprezzare, perché stacca le mani dai miei seni, e mentre con una mi afferra i capelli, tirandomi il capo all'indietro fino a costringermi a stendermi sul cofano della sua auto, con l'altra si insinua fra le mie cosce, aprendomi con poca delicatezza, per saggiare la mia eccitazione. 

"Sei proprio una cagna, senti come sbrodoli." 

Una constatazione che fa seguire immediatamente dal suono dalla zip dei suoi calzoni che si slaccia, e dal suo uccello che mi entra dentro, con forza, piantandosi fino in fondo. 

"Adesso, bimba, voglio che tu faccia quel giochetto del telefono." 

E' un ordine secco, il suo. E' conficcato dentro di me, ed i suoi occhi sono infissi nei miei. Non si muove, vuole che mi masturbi per lui, proprio come gli avevo raccontato al telefono, e io non voglio altro che compiacerlo, ed essere finalmente la sua cagna, e godere di lui e per lui. 

Il suo sguardo si sposta dai miei occhi alla mia mano, e sorride di quanto sto facendo. Non si muove, ascolta ogni pulsazione della mia vagina, ogni contrazione del mio ventre, fino al mio orgasmo. 

"Sono la tua cagna." 

E' quel che vuole che gli dica quando godo, e lo accontento. Lui annuisce, e per tutta risposta mi sibila: 

"Continua. Voglio sentirti venire ancora." 

Mi piacciono i suoi ordini, mi eccita sentirmi un oggetto nelle sue mani, così continuo a darmi piacere, il suo cazzo, immobile, è piantato completamente nel mio ventre, come una lama che mi squarcia, e ora mi infila in bocca due dita, costringendomi a succhiargliele e morderle, ad esibirmi nel piatto locale più noto e che lui pare particolarmente apprezzare. 

Raggiungo nuovamente l'orgasmo, ma ho la bocca piena, così mugolo solamente qualche parola incomprensibile, che però a lui è chiara perché ancora una volta mi ordina di continuare, e nuovamente ubbidisco senza discutere. 

Il mio clitoride è gonfio e sensibilissimo per il lungo sfregamento, e vengo quasi istantaneamente un'altra volta, e per fargli capire che può bastare tolgo la mano e la porto alle sue labbra, per fargli leccare le mie dita. 

"Non vorrai farmi credere che sei già stanca." 

E' sarcastico. A modo suo me le sta facendo pagare tutte, una per una. Tutte le volte che l'ho eccitato al telefono senza dargli soddisfazione, tutte le volte che gli ho fatto ascoltare il mio piacere, senza permettergli di farmi ascoltare il suo. 

Toglie la mano dalla mia bocca e la porta giù, fra le mie gambe. Stringe il clitoride fra il pollice e l'indice, fino a strapparmi un grido di dolore, poi con delicatezza inizia a carezzarmi lui, senza fermarsi neanche quando sente che sto venendo ancora, e solo quando lo imploro di smettere prende a sbattermi, afferrandomi i fianchi con entrambe le mani, per godere lui, finalmente. 

Si china su di me, ancora stesa sull'auto, e mi da il primo bacio di tutta la serata, poi sussurra al mio orecchio. 

"Non sei in grado di guidare. La tua auto torniamo a prenderla domani. Adesso è ora di andare, che fra poco arriva il servizio in camera." 

Come un vero gentleman mi tende la mano per aiutare a rialzarmi, ho le gambe che tremano e lui mi sorregge cavallerescamente. Faccio per chinarmi a raccogliere i miei slip ma lui mi trascina verso la sua macchina. 

"Quelli non ti servono." 

Sento il calore del suo sperma che mi cola lungo le cosce e mi sento in balia di quell'uomo, stranamente succube dei suoi voleri, eppure, per una volta, è piacevole anche lasciarsi andare, e lasciare che sia un altro a dirigere il gioco. 

Per una volta.






"Quei due sapevano a memoria dove volevano arrivare."
Paolo Conte

4 commenti:

  1. Sono sincero: ben scritto e tutto il resto, ottimo ritmo e persino un certo gusto (davvero!) sebbene si tratti di volgarità. Brava.
    Però mi sarebbe piaciuto un sacco, ma davvero tanto tanto tanto, se il racconto fosse terminato col penultimo capitolo, quello dell'autogrill e della rete che vi separava... :)

    P.s. per un attimo mi sono immaginato Eva Kant che guidava tra i tornanti inseguita dalla polizia... Oo

    Moz-

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    1. Grazie, Moz.

      Mi sono sempre posta, come obiettivo, di scrivere anche le cose più turpi cercando di non scendere in volgarità gratuite.

      Penso che si possa descrivere ogni cosa senza per forza dover scadere troppo, e come ho sempre detto ad una persona a cui tengo particolarmente, la classe viene prima di tutto il resto :)

      Riguardo la fine, avevo capito che ti eri affezionato a quell'autogrill, ma chissà... magari quando arriverà la fine la troverai ancora migliore, o forse no, mi dirai :D

      P.S. bellissima l'immagine della gelida Eva Kant che scappa fra i monti dalla polizia, ma lei è una sciacquetta bionda, mentre io sono una racchia piena di carattere mora :P

      Mist

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    2. Nooo non puoi definire sciacquetta Eva! Eva è la personalità in persona! XD

      Comunque aspetto il finale di questo racconto d'appendice per vedere se era meglio chiudere con la grata all'autogrill XD

      Moz-

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